La passione per i motocarri, soprattutto conoscere un mondo di piccoli mezzi diversi da “ape Car” Crescenzo lo deve sicuramente a Patrizio, un giovanotto che tutte le sere dopo aver trasportato il pesce da Milano a Torino si siede davanti al piccolo museo parla con i piccoli Motocarri, con qui musini, le piccole ruotine, un cassone piccino anche quello, sembrano dei bimbi pronti a giocare. Patrizio li conosce tutti, forse uno dei pochi al mondo, li conosce, li coccola giorno per giorno, e come un medico li ripara e li fa diventare nuovi. A volte una missione difficile molte aziende produttrici di questi mezzi non esiste più.
Oggi Raccontiamo una storia legata ai primi meridionali che dal Sud vennero qui al Nord, pieni di speranza per la ricerca disperata di un lavoro per sfamare la propria prole.
Mariano nei primi anni 70 da Barletta con una valigia a Milano, alla stazione lo aspettava un paesano che gli aveva procurato un colloquio pin una ditta chimica per un posto di operaio. Un rapido colloqui e Mariano fu assunto, nello stesso giorno inizio a lavorare, entro in una stanza male odorante, ed un anziano signore inizio ad insegnare il lavoro, che altro non consisteva che travasare liquidi chimici ad altra concentrazione che inalavano dei gas che prendevano alla gola. Ma nonostante tutto Mariano era felice, la paga era ottima ed aveva una famiglia da trasferire in qualche luogo intorno Milano. I meridionali erano destinati in quei tempi vivere in ghetti lontano dalla città ma molto più di una personale abbordabili. Difficile descrivere la sofferenza della solitudine di un Padre di famiglia lontano dai suoi cari dalla sua terra, ed era usanza incontrare i paesani per condividere ricordi.
Mariano non stava bene, le esalazioni chimiche lo stavano consumando, e capii che non poteva andare avanti cosi, dopo 4 anni inizio a cercare qualcosa di diverso, ma una mattina qualcosa accadde, un suo amico di infanzia raccoglieva i rottami ferrosi in giro per le strade, nelle discariche abusive, dappertutto, dividere questi rottami secondo il loro valore, Rame, piombo, stagno, ferro ecc.
All’epoca erano in pochissimi a fare questo lavoro e la materia prima non mancava, bisognava solo trovarla e trasportarla alla fonderia.
Mariano era convinto che quella attività era la sua salvezza, l’unica cosa che doveva fare era acquistare un mezzo per raccogliere i rottami.
Mariano non aveva la patente, pochissimi denari, il suo stipendio lo spediva mensilmente a Barletta, dove vivevano la moglie il figlio Patrizio con la figlia Maria. Con la Lambretta 50 aveva fatto il giro di tutti i concessionari e rivenditori di ape piaggio, finché un giorno in una vetrina di un rivenditore generico di motocicli vide un mezzo diverso dagli altri.
Entrò e chiese che cosa fosse, il titolare gli disse che era un “Empolini”, motocarro di 50 cc guidabile senza patente.
Per i curiosi “L’Empolini, nata a Milano, era un’azienda che produceva solo veicoli commerciali, variazioni sul tema Ape, e che lo faceva già dai primi anni Cinquanta. La Tripletta utilizzava un motore Minarelli da 49 cc che guidava le ruote posteriori, ed era stata costruita utilizzando molte parti Piaggio ma non su licenza della società, nonostante le somiglianze. Il design di base è cambiato molto poco nel corso della sua vita, la modernizzazione si è manifestata sotto forma di parafanghi in plastica e riscaldamento in cabina fino a quando Empolini è stato acquistato dalla Piaggio a metà degli anni Ottanta.”
Mariano lo trovò conveniente, e lo acquisto diede 50.000 lire ed il resto cambiali, per 1.250.000, 50.000 lire al mese, che allora erano tanti soldi. Inizio la attività tutte le mattine con il suo motocarro viaggiava per mezza Lombardia, più volte al giorno si recava al centro di raccolta. In pochi mesi il primo grande risultato la famiglia si trasferì a vivere con Li a Seregno dove aveva affittato una casa con ben tre locali e servizi, bagno in casa, Patrizio crescendo imparò a guidare il motocarro ma oltre a questo ne nacque un amore smisurato.
Per aiutare papà anche Patrizio acquisto un motocarro, ma questa sarà un’altra storia…